EVITARE LE IMITAZIONI DELL'ARDESIA LIGURE - Caveardesialigure

CAVE ARDESIA LIGURE
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Ardesia ligure: diffidare dalle imitazioni
 
 
Prodotti a basso prezzo e privi delle caratteristiche organolettiche che rendono unica la pietra di Lavagna si stanno imponendo anche in Liguria.
 
Utilizzata sin dall’antichità nel campo dell’edilizia, artistico e decorativo, l’ardesia ligure (o pietra di Lavagna, da nome del comune nel Tigullio orientale) ha rappresentato, fino a una decina di anni fa, una delle eccellenze del made in Italy all’estero.
 
La crisi economica mondiale cominciata nel 2008 con lo scandalo dei subprime negli Stati Uniti, primo mercato per l’esportazione di delle grandi lastre di ardesia ligure destinate ai tavoli da biliardo, ha inferto un colpo durissimo alle aziende del settore, già impegnate, a partire dagli anni novanta, a difendersi dalla feroce concorrenza di Cina e Brasile.
 
Concorrenza che, negli ultimi anni, sta trovando terreno facile proprio in Liguria, nel settore edilizio, a dispetto del fatto che la pietra estratta e lavorata all’interno del Distretto industriale dell’Ardesia (di cui fanno parte aziende della val Fontanabuona, nel Tigullio, e del Ponente ligure) sia una delle migliori al mondo per le caratteristiche di flessione e resistenza all’acqua piovana, la bassa conducibilità e dilatazione termica, e che - dettaglio non secondario - ce ne sia sempre a disposizione, indipendentemente dal filone estratto, perché le lastre utilizzabili per la copertura dei tetti (core business delle 15 aziende ancora attive) sono di piccola pezzatura e quindi facili da ricavare senza difetti.
 
Così la presidente del Distretto, Franca Garbarino, ha preso carta e penna per esprimere al presidente Giovanni Toti e ai sindaci di tutti i comuni liguri la forte preoccupazione degli operatori per l’impiego di materiali diversi dall’ardesia ligure nelle nuove costruzioni e soprattutto nella ristrutturazione di quelli storici.
 
«Il tipico paesaggio ligure – scrive -, caratterizzato da sempre anche dal colore grigio chiaro dei suoi tetti in ardesia proveniente dalle cave del nostro territorio, sta velocemente mutando poiché vige erroneamente la libera possibilità di coprire i tetti di edifici storici e palazzi da sempre rivestiti in ardesia ligure con materiali chiamati solo col nome “ardesia”, privi della specifica “di origine e provenienza Ligure”». Per questa ragione, sui tetti di case e chiese trovano impiego materiali in ceramica o ardesie provenienti da Brasile e Cina, con caratteristiche petrografiche e cromatiche completamente diverse dall’ardesia ligure. «Questi tipi di coperture – continua la lettera - non cambiano la loro colorazione nel tempo e si presentano con almeno sei tonalità di grigi scuri differenti: come conseguenza diretta, il nostro panorama sta subendo una inaccettabile e sregolata evoluzione estetica verso un paesaggio a macchia di leopardo. Confrontando foto storiche e foto odierne di Chiese, borghi e patrimoni dell’Unesco come le Cinque Terre, il centro storico di Genova, Portofino ecc., verifichiamo una mutazione cromatica silente ma crescente, che nessuno denuncia o arresta, e che colpisce non solo l’aspetto visivo ma lo stesso aspetto economico della regione». Una pratica che sta compromettendo la tenuta del settore, costretto a misurarsi con una concorrenza estera avvantaggiata da costi aziendali di gran lunga inferiori a quelli delle nostre imprese.
 
In aggiunta, gran parte degli strumenti urbanistici che dovrebbero tutelare la pietra ligure risalgono a un’epoca storica dove con la parola “ardesia” si indicava solo ed esclusivamente l’ardesia estratta e lavorata in Liguria. Oggi, però, la traduzione inglese “slate”, usata comunemente dagli importatori, comprende decine di pietre scistose di colori diversi e molti altri materiali (tra cui la ceramica) che, “nascosti” dalla stessa nomenclatura, ne millantano anche le medesime caratteristiche.
 
E poi si passa agli esempi: «La Chiesa dei Cappuccini a Chiavari, del 1500, viene ricoperta interamente con “ardesia grafite nera” proveniente dal lontano Brasile». Un utilizzo, a parere delle aziende del Distretto, «alquanto censurabile, sia per motivi estetici che per motivi tecnici, essendo quanto meno vaga la durata di detti materiali dato che non si può ancora comprovarne la durata», mentre è storicamente provato che l’ardesia ligure per le coperture ha una durata media di circa 50-70 anni. Non ultimo, esiste l’obbligo dettato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di utilizzare per i restauri di beni storici gli stessi materiali impiegati in origine, e quindi, trattandosi di ardesia, sicuramente solo ardesia ligure.
 
Il prossimo passo, in attesa di rassicurazioni dalle amministrazioni locali sull’impegno a difendere con maggior convinzione la preziosa pietra nera ligure, sarà quello di confrontarsi con la neo soprintendente, Manuela Salvitti.
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